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Il Chinotto: sulle nostre tavole anche con la pizza

chinotto.jpgSpume, gazzose, cedrate, sono bibite che solo di recente stanno tornando in auge, grazie ad alcuni marchi, anche storici, che le hanno riproposte sul mercato delle Cola and company, cercando di stimolare il consumatore a prodotti italiani e storici. Tra le bibite che ricordano i bar estivi degli anni ‘50 c’è anche il Chinotto che, (però) è stato l’unico a non scomparire mai di scena, catturato da molte grandi aziende di bevande che lo hanno sempre messo in fila tra le referenze, sia nel canale bar che nella GDO, cioè nei supermercati. In alcuni casi il chinotto proposto sugli scaffali da marche di bassa qualità è più ricco di acqua e zucchero che dell’infuso di agrume (parente dell’arancia). In alcuni casi si ha solo l’aroma e non il succo del frutto nella miscela degli ingredienti.
Ma quando si beve un sorso di chinotto ben fatto, l’amaro leggero e il profumo dell’agrume pervade il palato e la lingua, unendosi al dolce dello zucchero. Si percepisce da subito la differenza di una bevanda fatta solo con aromi; spicca sul palato, la qualità della bibita. E per chi ama le sensazioni appena amarognole, il chinotto è il drink d’elezione.
Amato dagli intendotori, più adulti che giovanissimi, il chinotto appartiene a quella classe che modernamente si dice soft drink, e la sue radici storiche di bevanda rinfrescante lo rendono un ottimo aperitivo odierno, oppure, per chi ama qualcosa di più raffinato della cola, è un’alternativa per pasteggiare, magari proprio una buona pizza fumante.
Dobbiamo ringraziare, probabilmente, le importazioni dalla Cina per aver conosciuto questo agrume eccezionale, che nella nostra Italia ha ben attecchito in Sicilia e sulla Riviera Ligure (e forse fu proprio un navigatore di Savona a portarlo in Liguria nel 1500. Di certo Savona è per tutti “la città del chinotto”, presidio Slow Food).

Un chinotto-frutto-maturo.jpgpo’ di storia
Non fu subito la bevanda il suo apice gastronomico, piuttosto i dolci di Savona (siamo nel XIX secolo): nella produzione dolciaria savonese c’era una ricetta rubata ai francesi, dove il chinotto appariva come candito. Insieme ai frutti canditi, troviamo anche i chinotti conservati nel Maraschino, vera moda negli anni Venti del secolo scorso. Forse non tutti sanno che offrire questo agrume nel bicchierino di liquore a Natale era un vero rito fino a non troppo tempo fa. Slow Food, nei nostri anni, ha fatto molto perchè il chinotto non si perdesse nè come pianta, nè come prodotto gastronomico (marmellate, ecc.), nè come bevanda.

Nero come la Cola, ma profumato e tutto italiano.
Ma chi inventò la bevanda? Sappiamo che nel 1932 la Sanpellegrino ne produsse le prime bottigliette. Nel 1949 Pietro Neri iniziò a produrre e commercializzare il chinotto in una maniera innovativa. Il chinotto Neri ebbe per tutti gli anni ‘50 e ‘60 una larghissima diffusione in tutta la penisola, spinto dallo slogan storico “Non è Chinotto, se non c’è l’8” che perdura imperituro nella memoria di molti. Sulle origini della formula industriale, altre fonti affermano che essa fu inventata presso i laboratori della Costantino Rigamonti fu Giovanni a Milano, il cui proprietario divenne successivamente presidente della Recoaro, altra azienda leader, per il Chinotto, negli anni ‘50. Quest’ottima bevanda, quella di alta qualità, capace di dare il suo rinfrescante piacere sulle nostre tavole, non può mancare nelle frigovetrine dei locali moderni più attenti alle esigenze del gusto. Proponetela al posto delle consuete lattine, nella sua bottiglietta retrò. Vedrete, la tavolata ringrazierà.


06/10/2014

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