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Italiani: ambasciatori della cucina nel mondo

72mila esercizi portano la cucina italiana nel mondo

Per antonomasia gli italiani sono gli ambasciatori della cucina di qualità nel mondo, inclini ai piaceri del buon vivere, amanti della buona tavola. Ottimi cuochi e pizzaioli, insaziabili buongustai.
La ristorazione firmata dagli italiani non è solo un vessillo dietro cui vantarsi, ma è una realtà dal peso economico molto rilavante.
Le ultime stime parlano di ben 72mila esercizi nel mondo, tra ristoranti, pizzerie e trattorie di cucina italiana, per un giro d’affari di 30 miliardi di dollari. Ogni giorno, in tutti - o quasi - gli angoli del pianeta 800mila persone lavorano per soddisfare la voglia di made in Italy di oltre 3 milioni di clienti.
È a questo mondo così grande e ricco che guarderemo più da vicino in quest’articolo.

Italiani, bravi cuochi
Solo la Cina può battere in diffusione i ristoranti italiani. E a ben vedere, come per la ristorazione cinese, anche quella italiana è approdata oltre i confini nazionali per effetto dell’emigrazione.
Con le ondate migratorie del ‘900 è iniziata l’affascinante storia della cucina italiana all’estero, in particolare con la costituzione delle comunità italiane negli Stati Uniti. Una storia che accomuna cuochi e pizzaioli: negli stessi anni, infatti, si sono aperte le prime pizzerie e i primi ristoranti gestiti da italiani in America.
Mentre la ristorazione francese o giapponese s’è diffusa a livello planetario in tempi più recenti e dietro un preciso disegno di esportazione di valori, tradizioni e prodotti da parte di professionisti, la cucina italiana, dalla pizza allo spaghetto, è cresciuta e s’è espansa in modo spontaneo a seguito delle vicende di un popolo in cerca di lavoro e di fortuna.
È per questo, probabilmente, che il fenomeno pur crescendo esponenzialmente fino ad oggi non è stato mai organico e guidato da un progetto globale. Noi italiani, come sempre, siamo pieni d’inventiva, ma non facciamo sistema, probabilmente neppure oggi, come agli albori. Forse anche perché, in tanti casi, ad aprire i ristoranti nel mondo sono molto spesso i nuovi emigranti di questo secolo, che preferiscono far fortuna, con la propria arte culinaria, in altri luoghi lontani dalla madre Patria.
Nonostante sia un dato di fatto che un ristorante italiano all’estero sia votato al successo, non è sempre così facile essere dei ristoranti che offrono davvero il meglio del cibo italiano.
Talvolta per i titolari è difficile approvvigionarsi di materie prime. Non in tutti i Paesi del mondo è facile trovare, giusto per fare un esempio, la mozzarella di bufala o certi funghi molto usati nella cucina italiana.
Molti gestori si lamentano proprio di quest’aspetto essenziale.
Per esempio Maria Pia De Razza, del ristorante “Maria Pia’s” di Wellington in Nuova Zelanda, lamenta che «ci sono tutte le potenzialità per un forte sviluppo della ristorazione italiana, ma bisogna che i veri prodotti italiani si trovino anche in Nuova Zelanda e si investa su una diffusione della cultura dei prodotti italiani».
Che non si possa fare cucina italiana senza i nostri prodotti lo ribadisce anche Antonella Rebuzzi, che a Mosca ha quattro ristoranti e un’impresa di import-export alimentare di prodotti italiani al 100%. Fare ristorazione italiana all’estero non significa mettere un cuoco italiano in un ristorante di qualche capitale straniera, ma significa ben altro.
«Il primo segreto del successo di un ristorante italiano, soprattutto all’estero – afferma l’imprenditrice - è la cucina: lì ci devono essere non solo cuochi preparati, possibilmente italiani, ma cosa ben più importante, prodotti esclusivamente made in Italy. Un ristorante italiano non è tale se non usa prodotti italiani al 100%».

Le piccole Italia nel mondo
Come detto qualche rigo più su, se la cucina italiana oggi è conosciuta nel mondo intero è grazie agli italiani che con il proprio bagaglio culturale si sono trasferiti lontano e hanno fatto nascere fiorenti punti di ristoro.
I quartieri delle grandi città che ospitano comunità italiane, negozi e locali gestiti da italiani sono definite Little Italy; ne possiamo annoverare 10 che rappresentano il Bel Paese all’Estero.
La più famosa è quella di New York, a Manhattan, che però in vero oggi ospita molti meno italiani che un tempo, a favore di molte altre nazionalità.
Una comunità davvero rappresentativa è quella di San Diego, che ebbe origine da pescatori italiani e s’è trasformata nel tempo in un quartiere residenziale e commerciale.
Va anche menzionata, come terza Little Italy per importanza e grandezza, il quartiere di Cleveland: nelle strade di questa città è sorto il primo ristorante italiano dell’Ohio ed è nata la prima macchina per la pasta, brevettata nel 1906.
Se dobbiamo parlare di pizza nel mondo va sicuramente sezionata la città brasiliana di San Paolo che si contende con New York e la nostra Napoli, lo scettro di città della pizza (almeno per quantità di pizze consumate).
San Paolo ha numeri da capogiro: ogni giorno vengono consumate 1,4 milioni di pizze; la grande maggioranza di queste pizze sono consumate nella sua Little Italy, Moóca.
A metà classifica South Philadelphia è famosa non solo per i suoi locali, ma per il caratteristico mercato italiano che nei decenni d’immigrazione è diventato un punto di riferimento per la città.
Altre Little Italy nate attorno alle case e ai locali italiani sono The Hill di St Louis e il quartiere italiano di Baltimora, dove proprio la ristorazione è un settore molto sviluppato.
Ci sono poi la Boca di Buenos Aires, Taylor Street a Chicagoe , Norton Street a Sydney, quartiere italiano in Australia ricco di caffè, ristoranti e tanti negozi.

I nuovi ambasciatori della gastronomia italiana

Ma non sono solo gli italiani a promuovere la cucina italiana nel mondo: moltissimi giapponesi (soprattutto nel mondo pizza con il lavoro dell’AVPN), russi, europei, americani vengono in Italia per imparare la nostra arte. Lo ha anche affermato di recente il giornalista gastronomico Rosario Scarpato in occasione dell’iniziativa “Certification of Proficiency in Italian Cuisine” (CPIC) promossa da Barilla: «La cucina italiana all’estero sta assistendo all’arrivo della terza ondata di cuochi: dopo gli emigrati, trasformatisi in cuochi di 50- 60 anni fa, sono arrivati i cuochi professionali formatisi in Italia e quindi trasferitisi all’estero e finalmente adesso è la volta dei cuochi non nati in Italia, ma che fanno un’eccellente cucina italiana». Questi saranno probabilmente i nuovi ambasciatori della cucina italiana, nuove generazioni di italiani nel cuore e non nel sangue, che porteranno avanti l’opera di consolidamento del made in Italy.

Proteggere la ristorazione italiana nel mondo.
Le iniziative volte alla tutela della ristorazione italiana nel mondo sono innumerevoli e spesso isolate e non in rete. Il più delle volte sono promosse da associazioni di grande livello o da gruppi industriali, come nel caso del succitato “Certification of Proficiency in Italian Cuisine” che ha come scopo la formazione e il monitoraggio dei professionisti della ristorazione italiana all’estero.
In questa sede vogliamo però soffermarci su un’altra iniziativa, forse più rappresentativa perché effettuata a livello istituzionale.
Si tratta del marchio “Ospitalità Italiana, Ristoranti Italiani Nel Mondo”, idea che deriva da un altro progetto, quello del marchio “Ospitalità Italiana”, portato avanti dal Sistema delle Camere di Commercio Unioncamere con il supporto operativo dell’Istituto Nazionale Ricerche Turistiche - IS.NA.R.T.
L’iniziativa si è sviluppata con la collaborazione di Fipe, la Federazione Italiana dei Pubblici Esercizi, e ha come obbiettivo monitorare e premiare tutti quei ristoranti italiani all’estero che garantiscono il rispetto di standard qualitativi tipici dell’ospitalità italiana. Il progetto coinvolge le Camere di Commercio Italiane all’estero, dislocate in 45 diversi Paesi, impegnate nella divulgazione dell’iniziativa sul proprio territorio. Per ottenere il marchio occorre seguire un iter che va dalla candidatura al controllo e alla valutazione da parte dei giudici delle Camere di Commercio. Un Comitato di Valutazione, in seguito attribuisce la certificazione “Ospitalità Italiana, Ristoranti Italiani nel Mondo”, garanzia di qualità.
Ad oggi sono oltre 300 i ristoranti italiani all’estero segnalati da “Ospitalità italiana - Ristoranti italiani nel mondo. Ne citiamo qualcuno: Ristorante Forlino di Singapore, Tempo Restaurant di Londra, Ristorante Mezzaluna di Istanbul, Cucina Paradiso di Buenos Aires, Aromi Italiani di Mosca, Ristorante Del Posto di New York. Tra questi anche un locale da noi spesso sezionato: il ristorante Bella Napoli a Glasgow di Domenico Crolla, chef patron e maestro pizzaiolo.
Il marchio Ospitalità italiana è un tentativo di non lasciare un bene prezioso come la nostra gastronomia in balia di mani non esperte o peggio di chi contraffa la cucina italiana, facendo danno all’immagine dei bravi cuochi e pizzaioli che nel proprio Paese e fuori dai confini nazionali omaggiano la tradizione, il gusto, la creatività, la salubrità e la qualità, nonché il lavoro dei tanti produttori di ottime materie prime che tutti quanti, a ragione, ci invidiano.


21/10/2011

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