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Dalla miseria alla ricchezza

pizzeria-Lombardi.jpgQuante e quante storie contiene la storia della pizza? Tante. Tantissime.

Una serie gustosissima di fatti, fattarelli, aneddoti che nell’arco di oltre duecento anni sono accaduti in nome e per conto di quello che è diventato, a detta di tutti, il piatto italiano più famoso nel mondo.

New York, Honk Kong, Sidney, Città del Capo, Londra: continente che vai, pizza che trovi.

Il piatto Made in Napoli è oramai una star internazionale, gustato e ricercato da buongustai senza frontiere e di ogni ceto sociale. 

E chi se lo aspettava? E soprattutto, com’è potuto accadere che un cibo, nato in una città del Sud Italia (Napoli), sia diventato una delle pietanze più desiderate dagli abitanti di tutto il pianeta?

 

La pizza nella valigia

Bene, anche questa storia parte da lontano ed è strettamente legata al fenomeno migratorio che coinvolse (e sconvolse) l’Italia sul finire dell’800 e inizi ‘900. Un’epopea che vide, milioni di italiani, per lo più del Sud Italia, fare armi e bagagli e partire per gli Stati Uniti, alla ricerca di una vita migliore. Nell’Italia di allora, infatti, c’era la miseria più amara e profonda.

Simbolicamente, questo lungo (e definitivo) viaggio, fu compiuto anche dalla pizza, una pietanza che era già connaturata nelle loro abitudini alimentari.

E quindi la pizza sbarcò in America e da qui cominciò un percorso che l’avrebbe condotta in meno di un secolo a diffondersi in tutto il mondo, diventando proprio negli USA un cibo amatissimo.

 

La prima pizzeria oltre Oceano

Il primato di aver aperto la prima pizzeria in America spetta a un tizio che si chiamava Gennaro Lombardi il quale molto probabilmente era originario di qualche paesino del circondario di Napoli. Era il 1905, il locale fu aperto a Mulbery Strett a Little Italy. Oggi è ancora lì ed è diventato una specie di icona. Nel 1912 si segnala l’apertura di una nuova pizzeria nel New Jersey a cura di un certo Giuseppe. L’insegna riporta Joe Tomato’s Pies. Poi nel 1924, il pizzaiolo di punta della pizzeria Lombardi di Little Italy, Piero Totonno si mette in proprio e apre un locale a Broklinn, Totonno’s Pizza. Da lì in poi è un susseguirsi di aperture, anche in luoghi lontani da New York, come Boston o addirittura dall’altra parte degli States, a San Francisco.

In America, figli e nipoti dei primi migranti, crebbero nutrendosi di Pizza. Il gradimento era diffuso a tal punto, che su una portaerei in partenza per la guerra, insieme alle cucine non si potè fare a meno di impiantare anche un forno per Pizza.

Ma fu dopo la Seconda Guerra Mondiale, che il mercato della pizza americano andò alle stelle.

Uno dei motivi di questo boom è da ricercare nella strenua propaganda che vi fecero i soldati americani al ritorno a casa dopo il conflitto mondiale. In special modo coloro che si erano stanziati a Napoli durante gli anni dell’occupazione.

 

Pizza HUT

L’altro fattore che contribuì a far diventare gli americani un popolo di mangiatori di Pizza fu l’avvento del mercato dei consumi di massa.

Grandi magazzini, catene di negozi: agli americani piace fare le cose in grande, e anche per quanto riguarda la Pizza pensarono di conseguenza. Le grandi catene di locali per la ristorazione le hanno inventate loro, Mac Donald’s ne è un esempio. Per la Pizza, dato il gradimento che i consumatori mostravano, fu inevitabile entrare nella combinazione, mercato di massa-catene di locali.

Il primo Pizza HUT, che sarebbe in seguito diventata la più grande catena di pizzeria al mondo, apri nel 1958, in Kansas. Gli artefici furono i fratelli Dan e Frank Carney che grazie alla pizza, (il piatto degli emigrati italiani che piangevano miseria) ha fatto una fortuna stratosferica. La classifica di Forbes cita uno dei fratelli fra i primi venti uomini più ricchi al mondo. Oggi gli statunitensi sono i più voraci mangiatori al mondo di pizza. Ne consumano quasi 13 chili pro-capite l’anno, contro i 7 di noialtri italici.

Secondo il quotidiano Usa Today ai 25mila McDonald’s disseminati ai quattro angoli del pianeta, si contrappone un numero equivalente di pizzerie. Ma c’è di più. Secondo un sondaggio condotto sempre da Usa Today tra dodicimila ragazzi americani in una fascia compresa tra i 6 e i 14 anni, è risultato che il 23% mette la pizza al primo posto delle preferenze alimentari, il 12% gli spaghetti, l’8& il pollo fritto e il 7% la bistecca. Per l’hamburger soltanto il 6%. Negli USA la Pizza fa numeri da capogiro, muove complessivamente un giro di miliardi di dollari conta un così alto numero di locali che la propongono, che gli americani pensano alla pizza come ad una loro esclusività.

 

Industrial Pizza

Per quanto riguarda le Pizzerie in America, nella stragrande maggioranza dei locali affiliati a catene organizzate in franchising, la pizza si offre con un aspetto decisamente “industriale”. Cornicione lucido e rotondo come un salvagente, spessore consistente del prodotto tipo focaccia, farciture di gusto tipicamente yankee. Al lavoro i pizzaioli (o presunti tali) adoperano le più svariate attrezzature. I locali dove si ammacca la pasta con le mani sono rarissimi, per lo più si trovano a New York, che, come abbiamo visto, è stata, sin dagli inizi la città che ha avuto le maggiori influenze italiane.

 

Per concludere dovremmo chiederci quanto di Napoli e della napoletanità è rimasto nella Pizza che oggi si sforna in America, nei vari Pizza Hut, Domino’s Pizza, Sbarro, Papa Jones e via dicendo: tanto per citare le catene di pizzeria in franchising più grandi. Potremmo rispondere dicendo che ce né tanta quanta la capacità dei figli degli emigranti di terza o quarta generazioni, nati e cresciuti negli Stati uniti di parlare italiano. Cioè nulla.

La pizza, il cibo nato nei bassi di Napoli, che è diventato il cibo più consumato del pianeta, in giro per i punti cardinali del mondo, di italiano non ha più nulla. Se non il nome.


25/10/2011

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