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Una pizza senza "catene"

La pizza è stata inventata in Italia, su questo non c’è dubbio alcuno, anzi per la precisione furono i pizzaioli napoletani, agli inizi dell’’800, ad avere l’intuizione di spalmare per la prima volta sul disco di pasta il sugo di pomodoro dando vita a quella che sarebbe diventata la pizza che poi sarebbe giunta fino a noi con l’evoluzione di alcune tecniche di impasto.
Quella, per così dire antica invece, seppur chiamandosi sempre pizza, veniva farcita o meglio insaporita con altro. Ad esempio la Pizza alla Marinara solo con olio e aglio (la prima Marinara non aveva il sugo di pomodoro) o la Mastunicola con strutto e ciccioli di maiale che la facevano risultare una pizza estremamente calorica.
Comunque a parte le divagazioni storiche, la pizza, cibo antico e modernissimo allo stesso tempo, è nata a Napoli. Stop. Da li tutto è partito per poi diventare in giro per il mondo un fenomeno universale.
Questa verità storica tuttavia ogni tanto viene messa in discussione. Specialmente dagli Americani che sono, (questo è vero), i piùPIZZA-HUT.jpg grandi mangiatori di pizza del mondo, ne consumano suppergiù quattordici chili pro-capite all’anno, mentre noi italiani non arriviamo ad otto. Data quindi questa ghiotta passione, la pizza in America è considerato un piatto nazionale, il business che ne deriva è pazzesco, gli Americani fanno così tanta pizza che addirittura pensano di averla inventata loro.
Resta celebre la storiella che si racconta in un evento a Las Vegas una ventina di anni fa, in occasione della celebre e partecipatissima manifestazione che ivi ha luogo quando, una “specie” di giornalista, in un convegno, mentre di parlava del più e del meno, chiese a dei pizzaioli italiani: How do you call it pizza in Italy? (come la chiamate la pizza in Italia?)
Questa leggerezza, o strafottenza, o come volete chiamarla, la dice lunga sulla presunzione degli americani quando si parla di pizza. Ma la dice anche lunga sul fatto che per tanto tempo gli italiani (parliamo degli operatori del settore) a riguardo della pizza hanno pensato solo a fare folklore, piuttosto che divulgare storia, cultura e promuovere la pizza artigianale italiana con i requisiti che gli sono propri e che la rendono unica e inimitabile. Fortunatamente, negli ultimi tempi, si sta recuperando il terreno perduto. Ma la pizza, ormai, fuori dai confini nazionali parla davvero poco l’italiano, ha perso del tutto la sua valenza artigianale (la pizza fatta con le mani del pizzaiolo) e si è trasformata in un prodotto industriale alimentando una ristorazione che poggia il suo sviluppo sul sistema del franchising e che punta ad aprire il maggior numero di locali, tutti uguali, dove la pizza è un prodotto praticamente fatto con lo stampino.
Su tutte riportiamo il fenomeno Pizza Hut, la più grande catena di pizzerie al mondo. Una storia tipicamente americana, l’azienda nacque nel 1958, I fondatori (come tutti i self-made-man) presero dei soldi in prestito e partirono con un piccolo locale e attrezzature di seconda mano. Oggi Pizza Hut è presente nei cinque continenti, ha all’attivo oltre 12mila locali, 150mila dipendenti e qualcosa come 2 milioni di pizze sfornate al giorno. Insomma un colosso che si sente il padrone del mondo e della pizza.

Un rischio per le pizzerie italiane?
No, c’ è un rischio. E vi spieghiamo perchè.
Primo perchè i manager di Pizza Hut hanno sempre dichiarato che non è conveniente né opportuno per loro proporsi in un paese che mette sul tavolo un prodotto tipico e soprattutto artigianale.
E quindi se in qualche modo rinuncia pizza Hut che è il leader nel mondo, anche le altre catene ci penseranno due volte prima di sbarcare nel bel paese. Del resto qualche timido test che è stato fatto sinora non pare abbia dato gli esiti sperati.
Unicità e artigianalità, questi i bastioni con i quali si difende il business della pizza italiana e con i quali gli stessi pizzaioli italiani possono e devono fare la differenza.
Perchè “artiginalità” significa anche distintività, esclusività e unicità.
È questa la forza della pizza Italiana, sempreche venga fatta con i crismi della qualità e della massima professionalità da parte degli operatori. Ed ecco quindi perchè, tranne qualche raro caso di assoluta eccellenza, in Italia la Pizza è senza catene. Non è facile, forse impossibile fare catena in Italia, un mercato occupato da circa 50mila pizzerie (fra tradizionali – ristoranti/pizzerie). Un mercato poi che per connotazione storica e geografica è poco omologabile, infatti nelle diverse regioni italiane resistono tradizioni gastromoniche tipiche, che poi rappresentano la vera ricchezza della ristorazione italiana.
Quindi poco spazio a catene di pizzerie che usano lo stampino e omologano tutto (stile McDonald’s) ma potrebbero trovare spazio iniziative di ristorazione che trovano un equilibrio fra la qualità e l’artiginalità del prodotto, i moderni criteri manageriali, flessibilità di proposta nelle varie regioni e un rispetto delle tradizioni con un occhio sempre all’evoluzione. E questo il mix che potrebbe funzionare.
In effetti è questo il segreto che ha consentito il successo a iniziative come Rosso Pomodoro, F.lli La Bufala, per citare i due casi di maggior successo. Ma occhio anche alle nuove iniziative di operatori che una volta fatta l’esperienza all’estero e capito come funzionano le catene, tornano nel Bel Paese per organizzarsi.

FRANCO-MANCA.jpgGente che va, gente che viene.
È il caso di Franco Manca ha ottenuto la notorietà come stella della pizza di qualità made in UK. E ora, dopo 9 anni di successi nella city e nel resto del territorio inglese, è pronto a sbarcare in Italia, portando i sapori d’Oltremanica ma anche esaltando le sue origini tricolori. La prima pizzeria in Italia dovrebbe essere inaugurata nel corso del 2017. L’investimento del Gruppo The Fulham Shore - a capo della catena Franco Manca - sarà pari a 100mila sterline, secondo quanto dichiarato dall’azienda. «Siamo già molto collegati con l’Italia - ha spiegato Page nel corso di una conferenza stampa. - Compriamo lì i nostri capperi e il vino, inoltre i nostri tavoli sono prodotti in Italia» ha concluso poi. Attualmente la catena è composta da 33 pizzerie sparse per tutta la Gran Bretagna, anche se la maggior parte di esse si trovano a Londra, da dove tutto è partito. Riuscirà il gruppo britannico (che parla italiano) a convincere gli italiani sul loro modo di fare la pizza? Staremo a vedere, per il momento diciamo: viva la pizza artigianale italiana.


25/05/2017

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