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In barattolo, liquida o scomposta: tutte le facce (strane) della pizza

Uno dei cibi più tradizionali raccontato attraverso le tante rivisitazioni d`autore (o trash) degli ultimi anni.
Che la pizza sia concreta e abbia dei canoni precisi lo dice stesso il nome, dall`etimologia antica: un panetto di farina lievitata pestato (dal latino pinsere, pigiare, a sua volta correlato al greco antico pektos, che significa invece infornato) che prende tradizionalmente la forma tonda, ma che comunque sia ha una consistenza e una forma definite da sempre, quale che sia il Paese dove ha trovato casa. In Grecia è diventata la pita, qui si è divisa tra la teglia, i forni napoletani, le alte strutture della "gourmet". Diversa eppure sempre materica, cedevole al morso, "di soddisfazione". Eppure troppo famosa, troppo amata, per restare sempre la stessa, per non richiamare come una sirena, gli istinti creativi degli chef. E non solo di loro. L`ultima social-mania riguarda la pizza scomposta in barattolo, un fenomeno che ha fatto il giro del web e dei social in un tam tam che dura da settimane e che profuma di indignazione e un po` del grido "dei soliti americani (o inglesi) che non sanno mangiare e osano sporcare le nostre tradizioni". Ma senza necessariamente scomodarci a notare quante volte noi italiani storpiamo le tradizioni culinarie altrui, facciamo un piccolo viaggio tra i banchi dei pizzaioli e le cucine dei professionisti di casa nostra che per primi si sono divertiti a confrontarsi con un gigante della tradizione italiana. 

In barattolo, liquida o scomposta: tutte le facce (strane) della pizza

 Correva l`anno 2014 quando Vincenzo Varlese, pizzaiolo allora patron di un indirizzo salernitano - oggi con il suo Gioielli della pizza è a Santa Maria Capua Vetere, nel casertano - inventò per un particolare evento pubblico la pizza nel bicchiere, che è poi diventata un must assoluto del suo menu. Questa ricetta portata prima a Napoli e poi a Caserta, che ha oramai compiuto 6 anni di vita è una vera e propria margherita scomposta, dove nel calice vengono accorpati una spuma di mozzarella alla base, del basilico sia in foglia che in pesto e un tocco di pomodoro. Niente di particolarmente diverso dalla Martini Pizza che negli stessi già citati articoli viene presentata come una novità americana, una via di mezzo con cui gli chef portano a tavola la nuova moda. Anche questa già vista sulle tavole nostrane - una sorta di Bloody Mary non alcolico accompagnato da straccetti di pizza bianca cotta al forno -, anche in versioni stellate, basti pensare alla Bloody Pizza che lo chef Lino Scarallo del ristorante stellato Palazzo Petrucci di Napoli ha dedicato lo scorso anno a San Gennaro, il Patrono della città, al grido un po` sacro e un po` profano de "La pizza si è sciolta". Pomodoro, mozzarella e basilico erano all`interno del bicchiere, il cornicione e la pasta diventavano delle semplici "pepite d`oro" a guarnizione del bicchiere. La pizza in barattolo che sta spopolando sui social nell`autunno 2020   Ma la destrutturizzazione della pizza, un po` come l`attacco iconoclasta a qualsiasi mito, non passa solo per la versione liquida di se stessa - che pure a Napoli, come cita Scarallo con la sua ricetta, rimane un omaggio mistico e ripresentato in più versioni -. Nel 2013 un pizzaiolo originario di Pagani e da lì emigrato verso altre parti e pizzerie d`Italia - compresa una puntata a Capri - oltre a una versione al bicchiere, portava a tavola anche una millefoglie di pizza, in cui il lievitato faceva la parte della sfoglia e il condimento quello della crema pasticciera. Una commistione con la pasticceria che non è stata sicuramente l`ultima della lunga storia delle pizze "diverse" e destrutturate, basti pensare alla "pizza dolce" che Pasquale Palamaro ha portato all`Archivio Storico di Napoli, all`interno di una sua fortunata collaborazione a gennaio 2019: Al morso, per un attimo si sente l`olio e il basilico, e subito dopo la crostatina di crema e amarena esplode in bocca man mano che si mangia il "trancio". Per poi concludere il pasto e l`esperienza con il bignè che si nasconde all`interno del cornicione. Altra rivisitazione stellata è quella de Le Colonne di Rosanna Marziale, con la sua famosissima "pizza al contrario": base di mozzarella con pomodoro san Marzano, pane croccante cafone e basilico. Servita in diverse versione, classica Margherita, n’zogne e pepe,alla puttanesca. La pizza dolce di Pasquale Palamaro  E se nella stessa Campania si gioca a prendere in giro la regina della tavola e della tradizione, figurarsi fuori i confini della regione, e non solo. Una delle destrutturazioni più blasonate della pizza è quella di Philippe Léveillé, chef del Miramonti l`Altro di Concesio, che nel piatto della pizza classica ha lasciato solo il cornicione, e all`interno ha racchiuso, totalmente diversi da loro stessi e solo nell`essenza, pomodoro, mozzarella e origano. Una pizza che non ha la faccia di una pizza, contro un piatto che è quasi il suo esatto contrario, la Pizzaiola di Pino Cuttaia: baccalà all’affumicatura di pigna, servito in un cornicione di pasta al centro del piatto con pomodorino confit e il cipollotto a fettine, con spuma di patate. Mentre Andrea Berton ha pensato come dessert una pizza di meringa con lampone e fragoline di bosco, servita in un`elegante scatola da asporto nera. Meno delicata della meringa, ma gustosissima - anche se difficile da assaggiare - la pizza d`uova di Paolo Parisi: una base di frittata d’albume da farcire a piacere presentata nel libro “12 Ways – L’uovo e la padella“ e riproposta per gli ospiti del suo allevamento. Lavori creativi importanti, alcuni hanno lasciato il segno più di altri, che hanno degli antesignani in Ciccio Sultano, che durante l`edizione 2013 del congresso di cucina LSDM (allora era un acronimo, Le Strade della Mozzarella) presentò una "pizza sbagliata" come scelta per omaggiare le eccellenze della terra che ospitava il congresso - la Campania e precisamente Paestum - trasforma la base della pizza in una zuppa di mozzarella e bufala, condita poi con una “insalata di mare” dai rimandi siciliani. Altrettanto iconico il "Nord che vuole diventare Sud" di Massimo Bottura: un risotto cotto nel latte di bufala che insieme alla granella di polenta abbrustolita, con base di pomodoro e acciuga, al palato ricorda esattamente una pizza. Un idea e una suggestione riproposte da Christian Costardi che per la web serie Grand Tour d`Italia, ha scelto di osare con un risotto a base pasta - orzo o risoni - dai sapori che ricercano volontariamente quelli della pizza: polvere di capperi, capperi, crumble di pane a ricreare il cornicione e spuma di mozzarella  a sostenere il tutto.  

E se il massimo della destrutturazione è quella di uno degli amuse bouche storici di Andrea Aprea al Vun di Milano, con il suo cuscino di pizzetta in omaggio al rito dell`aperitivo, non ci resta che aspettare la prossima sorpresa.
fonte e fot: www.repubblica.it/
news: https://www.repubblica.it/sapori/2020/11/23/news/pizza_formati_alternativi_scomposta_liquida_gelato-275099663/

30/11/2020

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