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Tra i piccoli (grandi) piaceri che si possono offrire alla clientela c’è quella di un buon cesto di pane, pane possibilmente fatto nel vostro forno. Perché un bravo chef o un bravo pizzaiolo possono, anzi dovrebbero essere capaci di farsi anche il pane, benché impasti, metodi di lavorazione e cottura siano differenti da quello della pizza. Quando si parla di pane, però, non bisogna incorrere nell’errore di pensare a questo prodotto come indefinito o uguale a se stesso: con il nome “pane” si indicano tantissimi tipi di pane, con diverse pezzature, lavorati con tantissime diverse farine, impastati e lievitati in modo particolare, arricchiti con ingredienti vari, come per esempio olive o pistacchi. Anche la figura più lontana dal mondo dell’arte bianca può immaginare che il pane rappresenta un mondo vastissimo; basta prendere un dizionario qualsiasi per rendersi conto che ci sono miriadi di tipologie di pane, molti tradizionali, alcuni riconosciuti con marchio DOP (come il pane di Altamura), tanti altri frutto di innovazione. Sicuramente il pane è, nella ristorazione, un piacere da valorizzare. Basta allora mettere un qualsiasi pane nella cesta, magari compreso nel coperto. Piuttosto occorre enfatizzare i vari tipi di pane e servirli come una specialità, dando a questo cibo il suo giusto ruolo sulla tavola.
Per valorizzare i pani nella ristorazione, due specialisti quali Simona Lauri e Salvatore Vullo hanno mostrato, durante il Sigep di Rimini, nello stand organizzato da Pizza&core “I nuovi Talenti dell’arte Bianca”, diverse tipologie di pane da proporre nel canale ristorativo. Simona Lauri ha presentato un pane classico del suo territorio (Lombardia) rivisitato in chiave innovativa e moderna, mostrandolo in tre differenti forme: quella classica tradizionale a taglio trasversale sottopelle, quella triangolare e quadrata e a filone allungato con due tagli centrali in profondità. In origine le pagnotte del Micone erano pezzature superiori ad un chilo, tendenzialmente allungate, rotonde o a ciambella e servivano come simbolo di condivisione e famiglia, poste al centro della tavola durante i pasti. Simona ha invece proposto questo pane in chiave “ristorativa”, in pezzatura piccola da 300 g. La lavorazione rispecchia la tradizionale metodica indiretta con biga (farina TIPO 1), ma con l’aggiunta nella stessa sia di lievito madre sia di lievito compresso. Il rinfresco è stato
operato senza aggiunta di farina e con l’introduzione di olio extravergine di oliva dal fruttato molto leggero, per rendere il prodotto molto più piacevole al gusto e richiamare un leggero sentore di oliva matura, conservabile, digeribile e friabile. I tempi lunghi di stoccaggio in massa e di fermentazione hanno inoltre permesso di ottenere una struttura della mollica morbida e con alveoli omogenei di media grandezza, abbinata ad una friabilità di crosta tipica di una cottura regolare a temperatura moderata e in presenza di vapore. Il risultato della lavorazione proposta dalla Lauri è quello di un prodotto estremamente leggero rispetto a quello della tradizione lombarda, adatta ai tempi moderni. Del pane proposto, invece, da Salvatore Vullo, ricordiamo il pane di piccola pezzatura con farina di farro e pistacchi di Bronte, un tipo di pane da gustare in abbinamento alle carni grigliate. Il pistacchio con il suo verde tipico dona colore alla mollica e con il suo gusto e la sua consistenza dona una croccantezza e un aroma speciali. Dell’essenzialità del pane nel canale ristoranti e pizzerie Vullo parla con chiarezza «È importante fare del buon pane per la ristorazione, perché i vari tipi di pane sono abbinabili a vari piatti della tradizione e dunque il pane è un servizio in più da offrire in pizzeria o al ristorante. Inoltre invito i pizzaioli a farsi il pane da soli: hanno farina, impastatrice, forno… e allora, perché non cimentarsi?»
19/03/2013

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