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Delivery pizza? Sì, purché fatto bene. Ecco come: parlano cinque maestri

Pappalardo, Vatti, Giovannini e Bosco hanno accettato la sfida. Lello Ravagnan sceglie invece di sviluppare un altro progetto...


Antonio Pappalardo, Tommaso Vatti, Massimo Giovann

 

Consumare la pizza al di fuori delle pizzerie non è certo una novità.

Nelle strade di Napoli la pizza piegata a portafoglio è stata uno dei primi street food nazionali. Altrove nel mondo - gli Stati Uniti ne s

ono un esempio, fin dai tempi della varietà estrosa di pizze in scatola da Blockbuster - l’asporto e la consegna a domicilio sono formule ben note e apprezzate dal grande pubblico. Se per un buon numero di professionisti dell’arte bianca del nostro Paese l’asporto era già una consuetudine, molti hanno iniziato in queste ultime settimane a pensare anche soluzioni di delivery di qualità alla luce dell’impossibilità di restare aperti data la situazione di emergenza sanitaria.

 

Antonio Pappalardo

Nel Bresciano, a Rezzato, La Cascina dei Sapori di Antonio Pappalardo effettua il delivery dall’inizio del mese di aprile. «Abbiamo

messo a punto per l’occasione un impasto la cui tenuta durante il trasporto sia ottimale, lavorando per aumentare la croccantezza. Lo scopo principale è mantenere gli standard qualitativi a cui i nostri clienti sono abituati e quando ci siamo sentiti pronti, siamo partiti. Questo vuol dire utilizzare le stesse materie prime di sempre, rinunciare ai topping che non terrebbero durante il viaggio, effettuare la consegna direttamente noi per garantire l’integrità del prodotto, distribuire le prenotazioni su fasce orarie per non far attendere nessuno. E un giorno specifico lo riserviamo ai clienti del centro di Brescia, da cui arrivano tantissime richieste».

La decisione di sperimentare questa formula nuova al locale è condizionata anche dal fattore umano, ossia dalla volontà di non lasciare a casa troppo a lungo i dipendenti, ma di consentire a tutti di lavorare alternandosi su turni.

 

Tommasi Vatti
Andiamo in Toscana, nel comune più piccolo della provincia di Siena, Radicondoli, dove Tommaso Vatti tiene acceso il forno a La Pergola. «In paese siamo poco più di 600 anime e la nostra decisione di restare aperti lo considero quasi un servizio di pubblica utilità, dato nelle vicinanze ci sono soltanto due minimarket dove fare la spesa. E la comunità, di rimando, si è stretta intorno a noi per ripagarci dello sforzo: fino a poco fa infornavo il mio pane ogni 10-15 giorni, adesso non mi bastano 3 infornate a settimana per esaudire le richieste. Ci troviamo nel tempo della riscoperta di alcuni valori umani fondamentali». Le pizze di Vatti, consegnate nel raggio di pochi km, fanno una precottura in teglia – con o senza pomodoro – e vengono poi completate con topping che consentano di riscaldarle nel forno di casa, se necessario, prima di essere consumate.

 

Massimo Giovannini

In Versilia, a Pietrasanta, Massimo Giovannini di Apogeo e la moglie Barbara si sono mossi nella direzione di una ragionata semplificazione dell’offerta. «Abbiamo iniziato la consegna a domicilio questo weekend pasquale. Ci siamo voluti prendere alcune settimane per mettere a punto un prodotto e un servizio che mantenessero lo standard dell’esperienza che offriamo ai tavoli di Apogeo. Ecco che la scelta è ricaduta su una carta ridotta in quantità e sulla pizza tonda stesa al piatto, dato che le proposte che serviamo a spicchi in degustazione prevedono ingredienti a fine cottura e sono difficilmente trasportabili senza intaccare l’equilibrio dell’insieme. Proprio per questo abbiamo pensato anche alla formula “fai da te” dell’impasto da stendere, completare a casa con mozzarella e pomodoro che forniamo noi e cuocere in padella». A guidare la preparazione è lo stesso Giovannini, in un video tutorial condiviso sui social.

 

Renato Bosco

Molti altri sono gli esempi illustri, come il pizzaiolo imprenditore Renato Bosco - solo per citarne uno - che dalla sede del Renato Bosco (ex-Saporè) di San Martino Buon Albergo offre la possibilità di gustare a casa le sue ormai celebri creazioni, che siano le pizze al piatto o gli impasti Crunch e Doppio Crunch da rigenerare.

 

 

Lello Ravagnan (foto Aromi Creativi)

Controcorrente, ma coerente, la decisione di Lello Ravagnan del Grigoris, Mestre. «Abbiamo spento i forni per scelta già qualche giorno prima che diventasse obbligatorio: avevamo iniziato ad applicare tutte le norme previste - come il distanziamento minimo fra tavoli – riuscendo mantenere comunque numeri importanti, ma nell’aria si sentiva che stava per succedere qualcosa di epocale. Poi la chiusura per tutti. Ci siamo posti la domanda se sperimentare il delivery, modalità che non ci era familiare e abbiamo preferito concentrare piuttosto le energie per portare a termine il nostro nuovo progetto, ormai quasi a punto, che lanceremo non appena la situazione tornerà alla normalità. Si tratta di un lab all’interno di un fondo che ospitava un panificio e della collaborazione sempre più ampia e articolata con lo chef Piergiorgio Parini, che ci segue e supporta da oltre un anno».

Che si tratti di scelte imprenditoriali o di appartenenza a una comunità, di valorizzare il proprio capitale umano o la qualità del servizio fornito, di formule perfezionate per mantenere il valore dell’esperienza al tavolo o di tecniche e impasti, la pizza italiana di livello - con le sue diverse anime - si sta organizzando per non lasciare a bocca asciutta i tanti appassionati.

 

fonte e foto: www.identitagolose.it


07/05/2020

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