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Anche l’occhio vuole la sua parte
Aristotele diceva che tra i sensi dell’uomo la vista è quello da considerarsi il più importante.
Oggi l’estetica in un piatto è necessaria per mettere in relazione sfere sensoriali diverse: ciò che è bello a vedersi può sembrare più buono nel momento in cui si gusta.
Oggi a differenza del passato in cui gli apparati scenografici erano notevoli e quasi monumentali, prevale la ricerca della semplificazione e della destrutturazione delle forme che non soffocano il piatto ma ne esaltano gli ingredienti.
L’arte di decorare e presentare il piatto apre innumerevoli possibilità alla creatività e alla fantasia ed allo stile di chi opera in cucina. Il cuoco diventa un artista, un ricercatore del bello. Prima ancora del gusto e del profumo, al nostro cervello arriva l’immagine, che genera una reazione istintiva, così l’occhio si prende la sua parte, domina sul sistema percettivo umano e intercetta la bontà ancora prima di assaggiare.
L’estetica non è un vezzo narcisistico, ma diventa amplificatore sensoriale del gusto, la chiave multisensoriale che chef e personale di sala utilizzano sotto forma di performance art.
Un piatto lo si mangia ancor prima con gli occhi. Solitamente la prima cosa che facciamo dopo aver apprezzato la bellezza del cibo che ci viene servito è quella di voler condividere immagini sui principali network, rendendo il cibo stesso un forte elemento di comunicazione.
Questo presuppone uno “sforzo” da parte del ristoratore ad essere sempre più creativo ed originale.
Ecco che il progetto prende forma: impiattare, decorare, accostare i colori, esaltare le forme, studiare le consistenze, le proporzioni diventa un lavoro di rigore, studio, tecnica e soprattutto regole.
L’originalità, e lo stile di ogni chef è indispensabile per dare al piatto una propria personalità.
Il piatto diventa una tavolozza in cui bellezza e bontà si fondono in perfetta armonia dando vita ad un capolavoro gastronomico.
Il cibo diventa così una storia da raccontare, un dono da condividere e apprezzare.
Ma la sola bellezza senza bontà è priva di verità. La bellezza non può prescindere anche dalla bontà senza considerare gli aspetti organolettici e nutrizionali.
Un cibo bello, affinché sia anche buono, deve necessariamente partire da un atto agricolo selezionando materie prime di eccellenza e prodotti con lavorazioni e criteri che rispettino l’ambiente e la tradizione locale, che favoriscano la biodiversità e un’agricoltura equa e solidale. E così il ciclo della bellezza si compie: dalle mani degli agricoltori e dei pescatori, le materie passano alle sapienti cure dello chef, per poi diventare piatti gustosi e accattivanti, così da regalare al cliente un’esperienza indimenticabile.
Lucrezia Renna
Articolo tratto da Pizza&core Colletion n 113
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