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È il cibo che mangiamo, o è il cibo che ci mangia?
Nella vita ci sono anche i paradossi, controsensi che ribaltano la logica. E c’è un paradosso che ai nostri tempi riguarda il sistema alimentare, il cibo.
Dice Carlo Petrini, il fondatore di Slow Food: «La situazione oggi del sistema alimentare ha sconvolto l’analisi logica, l’analisi logica è che noi mangiamo il cibo, il paradosso è che il cibo sta mangiando noi.
Il cibo che mangia noi, ovvero le produzioni intensive che hanno un impatto devastante sulla natura e sono fra le maggiori cause del cambiamento climatico. E allora in primis è necessario verificare se e come, il settore del food&beverage, il sistema alimentare nel suo insieme può essere più sostenibile, e se le produzioni artigianali, capaci di tutelare qualità e biodiversità, possono trovare spazio in un mercato, in un contesto socio-economico come quello attuale dove inflazione e carovita mettono i consumatori di fronte ad una scelta capitale: da un lato magari volere cibi meno impattanti sull’ambiente che hanno necessariamente un costo più alto, dall’altro non potere acquistarli guardando al portafoglio e virando quindi su prodotti più a buon mercato che, con la tutela ambientale però non sempre vanno d’accordo. Non è facile di questi tempi attuare questa scelta».
Abbiamo chiesto a Maria Cristina Crucitti, giornalista e food blogger.
Non c’è il rischio che le leggi di mercato, dove le aziende che vi competono mettono sempre al primo posto il profitto - e hanno le loro buone ragioni - impediscano di fatto il “decollo” di una necessaria rivoluzione Horeca Green, insomma il mercato food & beverage può prescindere dalle produzioni industriali?
«Io francamente non penso che si possa prescindere dai sistemi industriali e non è neanche quello che in questo momento è richiesto, è richiesto più che altro un cambiamento nelle produzioni industriali. È chiaro che parlando di ristorazione, non per forza si possa sempre andare a scegliere il piccolo produttore, nel mio caso, di formaggi virtuoso, che alleva gli animali in modo estensivo, la piccola attività familiare, perché probabilmente non è realistico e non è fattibile, sarebbe bello, ma non è realistico e in realtà la rivoluzione verde di cui così tanto abbiamo bisogno, non può essere soltanto “Ok mettiamo da parte l’industria e andiamo sui piccoli” perché i piccoli sono piccoli tra l’altro, la rivoluzione vera sarebbe quella di far adottare altri sistemi, altre pratiche, altre logiche alla grande industria, è quello che sposta l’asse e sposta i grandi effetti; perché i piccoli virtuosi ci sono già, e stanno già lavorando in modo virtuoso, ma il pianeta è comunque in grandi difficoltà».
Insomma per Maria Cristina Crucitti una possibile rivoluzione sarebbe quella di indurre le grandi aziende ad adottare sistemi, più virtuosi. Va detto però che molte aziende stanno compiendo questo sforzo, i risultati non sono ancora evidenti, non è facile coniugare mercato, bilanci e ambiente, specie se il verbo dominate è: vendere, vendere, vendere in una corsa a perdifiato dove alla fine nessuno potrebbe avere fiato, c’è troppo cibo, con il rischio, come nel paradosso di Petrini, che il cibo mangerà noi.
Secondo il fondatore di Slow Food questo sistema alimentare ha grandi responsabilità ecco quanto afferma: «Questo sistema alimentare è responsabile del 34% di emissioni di CO2 nell’atmosfera. E nello stesso tempo c’è questa massa di spreco che arriva ad essere il 30% della produzione globale, non stiamo parlando solo di milioni di tonnellate di cibo mangiabile che viene buttato via, ma milioni di ettari di terra fertile e miliardi di litri di acqua che sono stati utilizzati per produrre quel cibo. Non possiamo permetterci di continuare come se nulla fosse. È giunta l’ora che la società civile prenda in mano questa situazione e diventi un soggetto attivo. Politicamente attivo».
I consumatori soggetti attivi, che non si facciano mangiare dal cibo, il messaggio è molto chiaro, ma come innescare un processo virtuoso, chi deve cominciare, chi deve dare la prima spinta, la spinta maggiore?
Maria Cristina Crucitti: «Secondo me di fatto chi può dare la spinta maggiore e la forza a questo cambiamento è proprio il mercato e per mercato intendo chi ha l’ultima parola, cioè il consumatore finale, cioè tutti noi, tutte le persone che acquistano e che vanno al ristorante; nel momento in cui l’opinione pubblica acquisisce questa sensibilità in modo impattante, in modo strutturale proprio della cultura contemporanea, allora lì sì che la rivoluzione ci può essere, proprio perché i consumi delle persone, gli acquisti e le scelte saranno indirizzati verso una direzione più virtuosa, più green a scapito invece di quella convenzionale che fino adesso ha imparato per ragioni di mercato».
Andare nella buona direzione, ritrovare equilibrio, ovvero relativamente al sistema alimentare mettere d’accordo profitto e ambiente, voglia di conquistare il mercato da parte dei big e necessità di sussistenza da parte dei piccoli produttori, equilibrio… ce la faremo? Dobbiamo avere fiducia?
Carlo Petrini: «Attualmente stiamo andando velocemente verso il baratro, e questo secondo me deve essere il messaggio più forte, ho fiducia che se l’uomo è veramente Sapiens non solo saprà fermarsi ma anche tornare sui suoi passi».
Articolo tratto da Pizza&core collection n 118
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