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Non si finisce mai di imparare

Lontani i tempi in cui il mestiere si rubava: oggi essere pizzaiolo significa apprendere le conoscenze e le tecniche legate ad un prodotto che non ha più segreti.

CASILLO-ART-PRINC.jpgQuando si apre un locale, una pizzeria, la qualità ripaga, ma senza professionisti che sanno fare il proprio lavoro, la qualità non c’è, perché non si improvvisa. Dunque, dietro al bancone occorre che ci sia un pizzaiolo che non si limiti a fare un impasto qualunque, ma occorre un pizzaiolo che sappia fare il suo mestiere. Sia che si siano frequentati corsi per iniziare la professione, o che si sia “rubato” il mestiere ad un pizzaiolo presso cui s’è fatta gavetta,  occorre non rimanere fermi, ma continuare ad investire nel proprio aggiornamento professionale. Anche una figura artigianale, come altre figure, necessita di informazioni aggiornate, confronto, specializzazione e della cosiddetta formazione continua, cioè “continuare ad imparare”; occorre formarsi per svariati motivi che sintetizziamo: prima di tutto oggi il consumatore è più attento e più esigente. Esige più “esperienze di gusto”, e questo significa che saper fare più impasti, diverse tipologie di pizza esistenti è un vantaggio competitivo, insieme alla capacità di farcire con equilibrio. Esige “più salute”, quindi la conoscenza delle farine e delle tecniche corrette di impasto permette di ottenere prodotti digeribili, oltre che appetitosi, prodotti in linea con i bisogni di speciali diete. Il secondo motivo per cui occorre formarsi è l’alta competitività interna: ci sono molti locali in giro e dunque offrire un buon prodotto è una chance in più per far vivere nel tempo la propria attività. Il terzo motivo è che il professionista della ristorazione non è più solo un operatore pratico, ma un manager della sua stessa attività. Dunque, affianco alla tecnica professionale occorre aggiornarsi sugli altri aspetti legati al commercio. Dunque, ricapitolando, essere pizzaiolo oggi è molto diverso che dagli anni ‘70 e ‘80, boom economico e boom della pizza nella ristorazione. Da quel che noi stessi abbiamo potuto appurare in questi anni, l’offerta formativa è presente e capillare in tutta Italia: scuole, associazioni, aziende di settore contribuiscono affinché il pizzaiolo possa usufruire di competenze per migliorarsi. Senza valutare nel merito le singole realtà, possiamo dire con tranquillità che il mondo pizza mette sul tavolo tantissime possibilità per chi vuole fare esperienze formative. Non mancano corsi da Nord a Sud, a 360°, non mancano bravi tecnici e formatori, non manca l’entusiasmo delle associazioni, non mancano le aziende come supporter.

pizza-e-forno.jpgIl riconoscimento professionale
Eppure, nonostante il mondo pizza sia ben ferrato sull’importanza della formazione e sia ricco di proposte, rimane aperto per qualcuno il problema del riconoscimento professionale della figura di pizzaiolo. In tal senso una soluzione perorata dall’AMAR è quella di creare una “Patente Europea del Pizzaiolo”. La cosiddetta PEP, definita da una proposta di legge, vede già alle spalle un travagliato percorso di anni, ma da poco è riuscita ad arrivare in Senato, con somma gioia del Presidente AMAR, Enzo Prete. «Consideriamo la pizza Italiana un prodotto da rispettare; bisogna dare il giusto riconoscimento istituzionalizzando  la categoria Italiana onde evitare le improvvisazioni. La Pizza merita il marchio di qualità Italiana nel Mondo. Questo è il messaggio che lanciamo al governo, sensibilizzando i parlamentari al fine di firmare il ddl n. S.707 sulla PEP».
La PEP solleva un aspetto su cui è giusto riflettere, la mancanza di una qualifica e di un albo nazionale riconosciuto dallo Stato, come in altre professioni, ma contiene un vizio interno, non concerta tutte le associazioni d’Italia che in questi anni hanno lavorato per formare i professionisti. Inoltre, molti potrebbero obiettare che non sempre è necessario un albo professionale per lavorare bene.

La contraddizione pizzaiolo-giovane.jpg
Forse non tutti sanno che le pizzerie sviluppano una produzione tale che necessita di 240.000 occupati; come dicono i dati Fipe “che siano destinate al servizio al tavolo o a quello da asporto, a sfornare pizze sono 25.000 pizzerie e altrettante sono quelle che sfornano pizza a taglio, generando un fatturato aggregato di circa nove miliardi di euro”. Ma questo mondo così ricco, in un’economia così in crisi, cela una grossa contraddizione: nonostante siamo in Italia nella patria della pizza e il prodotto sia quello più performante economicamente nel canale ristorativo, mancano seimila pizzaioli e “la difficoltà nel reperire personale esperto porta i gestori, almeno in un caso su cinque, ad “accontentarsi” di reclutare personale non qualificato”.
Questa contraddizione va sicuramente colmata, e sempre vanno spronati titolari e addetti a stimolare il continuo accrescimento professionale. Come ci spiega Tiziano Casillo, tecnico e formatore, nell’intervista che troverete voltando pagina, la formazione permetterà ai pizzaioli, custodi insieme ai panettieri dell’arte bianca, di non essere una classe B e di mantenere alto il valore della pizza che il mondo ci invidia. “Gli chef guardano il pizzaiolo dall’alto in basso - dice - ma hanno a volte ragione. Chef e pasticceri anche grandi livelli di tecnica alle spalle, da sempre.  Non solo perché si riesce a fare un disco di pasta con acque e farina, si è pizzaiolo”.
Il vero unico segreto della professione pizzaiolo, parafrasiamo il protagonista dell’intervista a cui vi rimandiamo, è imparare, non c’è altro segreto, la pizza è tecnica, anche se ci vuole passione per fare questo mestiere. E come in tutte le cose non bisogna rimanere fermi su quello che si sa già. Lo dice anche un vecchio proverbio sempre valido e veritiero: nella vita non si smette mai di imparare.


11/10/2013

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